The submerged and the saved

The submerged and the saved – Auschwitz – 2006
There are many ways in which visiting a former concentration camp such as Auschwitz can become a profound experience; photographing it is one of them.
The initial sensation that a visitor might experience when confronted with such a place is a sense of impotence in having arrived too late at the scene of the crime, when everything has already, irretrievably, taken place.
The environs of the camp are now surrounded by a surreal yet pleasing silence which contrasts with an unimaginable eternal peace for those who lost their lives here. Inside the camp, the photographic vision loses clarity and becomes a suggestive perception in which past and present overlap.
The personal objects roughly piled up are a symbol of lost identities. The striped jackets and the photos of naked and starving people lead us to face the horrific dimensions of the process of mass extermination of millions of people, regardless of age and gender, which took place in that camp.
With blurred and complex transparency icons are created in which the submerged, whose lives were brutally cut short, are revived through their expressions captured on camera by their executioners. Their innocent voices continue to call out to us from the abyss of the pain of Auschwitz.

Some of Andrea Angelini’s photos are from a portfolio created together with the photographer Moreno Diana.


I sommersi e i salvati – Auschwitz – Anno 2006
Ci sono tanti modi per far sì che la visita ad un ex campo di sterminio, come quello di Auschwitz, diventi un’esperienza interiore profonda; fotografarlo è uno di questi. La prima sensazione che il visitatore può provare nel rapportarsi con luoghi di questo genere, è un senso d’impotenza nell’essere giunto troppo tardi sulla scena del delitto, quando ormai tutto si è irrimediabilmente compiuto. Lo scenario del Lager è ormai avvolto in un surreale piacevole silenzio che stride con una inimmaginabile pace eterna, per chi ha perso qui la sua vita. ……. Dentro il Lager, la visione fotografica perde lucidità percettiva e diventa suggestione in cui si sovrappongono presente e passato. Gli oggetti personali brutalmente ammucchiati, sono il segno d’identità negate. Le giacche a righe, le fotografie di persone denudate e denutrite ci portano a toccare l’orrenda dimensione del processo di annientamento di massa vissuto in quel Lager da milioni di persone di ogni sesso ed età. Con gli sfocati e le complesse trasparenze si generano icone nelle quali rivivono, attraverso gli sguardi fotografati dal carnefice, le vite negate e brutalmente stroncate dei “sommersi”. La loro innocenza ancora ci chiama con voce viva dall’abisso di dolore di Auschwitz.

Stralcio critica portfolio su Riflessioni / Fotoit – Silvano Bicocchi
Parte delle foto di Andrea Angelini che fanno parte del portfolio realizzato insieme al fotografo Moreno Diana